lunedì 8 febbraio 2010

Il razzismo di Abercrombie.

Quando entri da Abercrombie, tutto è meraviglioso.
Sei pervaso da un'ondata di essenze che ti avvolge e non ti molla più, quasi a ricordarti che il sogno è qualcosa di concreto e non effimero.
Passeggi fra orge trepidanti di umani danzanti all'urlo dello shopping più sfrenato che si fermano a chiedere indicazioni stradali ai commessi, moderni cacciatori di taglie, loro alleati.
Commessi.
Parola così vana e inetta nel descrivere quelli che sono veri e propri figli di Venere.
E qui casca l'asino, il bue, il toro, la cavalletta e pure il moscerino affamato di riposo.
Perché i commessi da Aber sono tutti bellissimi. Soprattutto le donne, modelle che si liberano dal calco michelangelesco e avanzano baciate dagli sguardi desolati di noi uomini.
Dalla loro bocca sfocia il razzismo passivo più subdolo.
Perché, mi chiederete. Perché estremizzano gli opposti, squarciano i compromessi, non accettano patti di stabilità. Se davanti a me, vedo solo Elena di Troia, chiunque non la rappresenti in quel momento è inevitabilmente un cittadino della periferia più estrema.
E' inevitabile pensarlo quando dopo 4 piani di modelli statuari, ti appare davanti un corpo esile e grassoccio che passa la scopa per raccogliere le poche e invisibili sporcizie lasciate dall'uomo visibile. Quando tutto è fantastico, il normale appare come uno scarafaggio.

Questo colpisce i miei occhi ogni volta che entro da Abercrombie.
Non la bellezza delle commesse, ma la bruttezza degli addetti alla pulizia.
Vorrà dire che all'entrata, farò una foto con il carrello delle scope.

4 commenti:

Unknown ha detto...

abercrombie è in america.

quelli europei sono delle brutte copie...terzo

standby-man ha detto...

ma pure in America....

Doc Rock ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Doc Rock ha detto...

... mandi una foto dottore... magari la prendono...