venerdì 15 ottobre 2010

La febbre del venerdì sera.

Aspettando un panino al prosciutto crudo da asporto del panino giusto, possono succedere tante cose.
Ti puoi annoiare.
Puoi scrutare le coppiette e mentalmente fare commenti poco riguardosi.
Puoi semplicemente guardare 600 volte l'orologio.
Oppure puoi sfogliare l'inserto degli spettacoli e scoprire come uno dei tuoi autori preferiti sia in città per presentare il suo ultimo libro.
Bret Easton Ellis a Milano.
Wow.
Il destino direte.
Che un forte mal di testa ha cercato di diradare prima di infrangersi contro una pastiglia omicida di cibalgina fast, mai così serial killer di tutti i mali.
Così, detto, fatto.
Anzi visto, fatto.
18.30. Puntuale a La Feltrinelli.
Mi trovo in mezzo a tanti lettori incuriositi dall'americano.
Accanto a me c'è uno di mtv di cui non ricordo il nome.
Una che parla di un centro sociale.
Due bergamaschi belli pesanti nella cadenza.
Uno con un sacchetto di libri da far firmare all'autore, compreso un 33 giri dei Talking Heads.
Una ragazza che sa di indie rockstar, particolarmente bella (attenzione: il tatuaggio colorato e invasivo sulle braccia delle donne mi piace un casino).
Una finta alternativa milanese con il cane stile Paris Hilton che si perde nella giungla delle gambe.
Uno che antepone il suo sudore a sè.

Per fortuna, l'attesa dura poco.
Bret viene da 5 mesi di booktour e Milano è l'ultima tappa.
Non ha troppa voglia di trovarsi un centinaio di fans davanti.
Lo fa intuire.
Eppure tutto appare funny e non disgusting.
Un pseudo critico inizia a presentare l'autore.
Inizia parlando dell'agorà, ma capisce ben presto che non andrà da nessuna parte di fronte a un Bret alquanto restìo a parlare del suo lavoro.
Così lascia la parola ai lettori.
Ed ecco allora che i discorsi prendono una piega sociale.
Usciamo dall'ateneo ed entriamo in facebook.
Monkey si definisce.
Una scimmia sul palco, pronta a farsi vedere per la gioia del pubblico pagante.
C'è stanchezza e ironia nelle sue parole, ma nessuna critica.
Accetta il ruolo e lo interpreta nel migliore dei modi fino al termine.
Concede moltissimi autografi e foto, senza mai lesinare un sorriso.
Anzi, invita tutti a fare foto e a metterle sui blog (ecco il mio ruolo).
Risponde alle domande, anche alle più stupide.
Un veggente gli chiede se sia il suo ultimo libro.
"I don't know."
Secco, chiaro, linare. Da zittirti subito.
Una masochista chiede il significato dell'ultima frase del libro. (inutile precisare come venga immediatamente zittita).
Un politicante domanda se per American Psycho si sia ispirato a Berlusconi.
"A ridiculous rockstar."
Così lo definisce, chiedendo dove sia questa fantomatica isola piena di puttane che il presidente frequenta ogni tanto.
Il sorriso cattura tutti. Misto amarezza, certo.
Probabilmente ci vede come una Repubblica delle banane.
Anche se a cena si delizierà come mai.
Perché alla fine, per gli americani siamo solo un piatto di pastasciutta.
Cotta al dente, ma cotta.

Allora, non ci resta che piangere.
Anzi, non ci resta che leggere Imperial bedrooms.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Quale suo libro mi consigli di leggere ?

standby-man ha detto...

Lunar park in primis...

Anonimo ha detto...

Ti farò sapere appena l'ho letto....vado in libreria !! Grazie : )