mercoledì 8 febbraio 2012

Agli arresti domiciliari.

Tutto è fermo qui dentro. Il freddo che non osa oltrepassare le mura. Le voci che si disperdono nell'aria. Gli unici afflati di vita sono le mie rughe, dettate da un cuscino tiranno. E quei due piccioni di Povia che saltellano memori di qualche briciola di pane fuori dalla mia finestra. Tutto è fermo qui dentro. Intoccabile, quasi impassibile. Il tempo è scandito dalle linee della febbre che scende al mattino e sale la sera. E tutto appare congelato. Non dalla neve. Non dal vento siberiano. No, dal silenzio. Un museo di vita quotidiana chiuso per restauri. Una cella, dove tutto mi è concesso e niente mi è possibile. Quante cose facciamo durante il giorno. Tante piccole azioni che diventano gesta, rispetto al lento tepore chiamato influenza. E sì che nella mia cella la giornata dura più o meno 8 ore. Il resto è un lungo sonno riparatore, senza ricevuta fiscale. Potete capire quindi come spostare lo stendino sia un'azione che vivacizzi la giornata. Per non parlare di questo post, flusso catalizzatore dei pochi pensieri sopravvissuti al fuoco purificatore della febbre.

1 commento:

DA ha detto...

Sì...devi uscire da casa...