martedì 23 marzo 2010

Esco a farmi una vasca.

Entro alla Cozzi.
Dal nome potrebbe sembrare una piscina orribile, invece si presenta bene.
E soprattutto è a 3 minuti da casa mia.
Alla cassa mi lascio affascinare dall'edilizia fascista.
La frase del D'annunzio scolpita in alto mi conquista del tutto.
Ci siamo. E' lo sport per me.
E per la mia schiena che ultimamente reclama attenzioni.
Pago.
Chiedo informazioni.
E' bello come diano sempre tutto scontato.
Tranne l'abbonamento.
Il metodo migliore è sempre quello di seguire la persona più avanti che avanza con passo sicuro.
La seguo.
Tornelli.
(Ma dove sono? Allo stadio?)
Questo imprevisto mi rallenta e perdo il mio faro.
Per fortuna una signora delle pulizie mi indica la strada.
Entro negli spogliatoi.
Ci sono cartelli con divieti ovunque.
Fare la doccia prima di entrare. Non lasciare incustodite le borse. Non cambiarsi negli spogliatoi.
(E dove allora?)
Con lentezza esagerata mi cambio.
Più che spogliarmi, studio i movimenti degli altri.
Vai. Mi muovo.
Primo problema. Sul mio armadietto non c'è il numero.
Anzi, su tutti.
Cerco un punto di riferimento, uno striscio, un qualcosa.
Mi baserò sul nulla.
E' sempre meglio di niente.
Doccia. E si entra.
(Quale vasca?)
Analizzo le vasche.
La primo che vedo è la c1: andatura lenta.
Mia.
(Qui però vedo solo velocisti)
Ma davanti a me una vecchietta scende le scalette e mi conforta.
L'acqua sarà calda, immagino.
Sarà nel senso che lo sarà quando io uscirò.
Perché appena entro devo subito scattare.
In testa ho una mezzoretta di prestazioni tranquille.
D'altra parte è quasi un anno che sono fermo.
Parto.
Secondo problema. Gli occhialini.
Le luci perdono sfumatura. Il cloro invadente mi annebbia la vista.
Devo stare attento.
Anche perché davanti a me ogni tanto si mette quella vecchietta a farmi da tappo.
Non vorrei dover fare la prima constatazione amichevole in piscina.
2 vasche alla volta più un riposo di due minuti.
Il ritmo sarà questo.
Non strafaccio, ma faccio.
D'altra parte alla 12esima vasca sento mancare le prime forze.
E lo stile è libero di andare dove gli pare.
Arrivo alla 24esima proprio quando l'orologio mi ricorda che ho appena fatto un'ora.
Bene così.
Anche perché nell'ultima vasca le dita del piede destro s'intrecciavano fra loro.
Insoliti crampi del terzo tipo.
Esco dalla vasca.
L'apoteosi.
Mi sento Phelps.
Anzi, sono Phelps.
Ho la sensazione di essermi allargato come Hulk.
Le mi spalle pulsano potenza.
Probabilmente ho la circonferenza di una maggiorata.
Ma le cose cambiano in fretta.
Già al secondo passo sono diventato Rosolino.
L'involuzione della specie è prossima allo zero.
E tocca la vetta in doccia.
Esattamente quando alzo il braccio sinistro per distribuire il doccia schiuma.
(ma c'è un muscolo lì?)
Allarme muscoli.
L'adrenalina cala sotto l'effluvio di una doccia calda.
Davanti a me, due uomini con della carne in eccedenza si abbassano il costume per lavarsi nelle parti intime.
L'ascesa all'Olimpo è terminata.
Evidentemente devo aver sbagliato strada.
E sono arrivato agli Inferi.
Sotto le vesti di Poldo.
Torno a casa.
I passi rallentano.
Gli occhi sembrano spargere raggi di fuoco.
Il mio encefalogramma è così piatto che solo Biscardi può meritarsi la mia attenzione.
Prima del tracollo.

Check up del giorno dopo:
Tricipiti indolenziti.
Non so quale muscolo del braccio destro inquieto.

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